si muove su diversi livelli, perennemente in bilico fra il canto baritonale, le dissonanze del
e la musica industriale. Forse è il paradigma degli eccessi dei Moonshake, ad un tempo incapaci di scegliere che strada prendere, volendole percorrere tutte.
Hard Candy , che non brilla per motivi particolari si distingue per il
sound delle tastiere, eterno contrappunto alla ritmica forsennata, che in
House On Fire prende il sopravvento sulla stessa melodia. La conclusiva
The Taboo fra rumori metallici e accenni pan-etnici è una possibile chiave di lettura dellintero lavoro.
Parte dei Moonshake, dopo la diaspora, da vita ai Laika, che esordiscono con le saghe elettroniche di
Silver Apples Of The Moon, a cui fa seguito il più maturo
Sounds Of The Satellites. Le pulsazioni di batteria, il flebile suono del synth i bisbigli onirici di
Breather sono forse il valore aggiunto di un album nel quale spiccano gli arzigogoli di
Out Of Sight And Snowblind , a tratti spaziale, il
dream-pop di
Almost Sleeping , le cacofonie di
Martinis On The Moon, ormai in piena apoteosi electro-pop commista coi cataclismi tribali a là
Byrne. In piena sintomia col disegno complessivo è la post-
world-music di
Spooky Rhodes .
DISCOGRAFIA
MOONSHAKE
·
Dirty & Divine (1996) *** ½
LAIKA
·
Sounds Of The Satellites (1998) *** ½