recensioni


CCCP Fedeli alla Linea


I CCCP sono stati la più grande band italiana, l’unica che potrebbe competere con altre band europee o d’oltreoceano.


Perfettamente allineati con gli stilemi dominanti in quel periodo, i CCCP hanno comunque preso le mosse dalle band della new wave e del punk, ma sono stati nel contempo capaci di rivisitarle alla luce delle istanze e delle tradizioni italiane.


I primi EP peccano d’originalità e tradiscono grossa ingenuità. Se Spara Jury scopiazza la Sonic Reducer dei Rocket From The Tombs, Punk Islam denuncia le loro carenze armoniche.


Tutto diverso è Affinità - divergenze fra il compagno Togliatti e noi: del conseguimento della maggiore età, del 1985, monumento del punk italiano. I CCCP dimostrano di aver appreso la lezione dei Joy Division in Trafitto, inaugurata da una lasciva chitarra atmosferica. La drum-machine macina instancabile in Curami una paranoia martellante. Noia è cantautorato che si sposa con gli attacchi frontali quasi dell’agit-prop. Il brano cardine è Emilia Paranoica, che potrebbe essere il loro capolavoro e che prende le mosse dai Public Image Ltd.


Dark, new wave, punk si combinano alla perfezione in un disco potente e trascinante, ricco peraltro di momento “poetici” (trafitto sono/trapassato dal futuro/cerco una persona).


In altri brani si mostra invece il lato più pop della band, come in Mi Ami?, con rincorsa punk alla Sex Pistols, e in Valium Tavor Serenase, con il suo intermezzo di liscio dopo il tripudio di distorsioni dell’inizio.


Altro brano che riprende non poche idee dalle danze moderne dei Pere Ubu è Cccp, con basso sincopato, clima d’allarme, folate atomiche. In seguito Ferretti proclama il suo leit-motiv, mentre le chitarre gracchianti e il recitato richiama alla mente gli Einsturzende Neubaten. Il chitarrismo dei CCCP è, almeno per il panorama italiano, assolutamente inaudito.


Altro pezzo di gran classe è Morire, con chitarra e xilofono, voce filtrata, clima da thriller. Una specia di tarentella da incubo, con versi apocalittici (la morte è importante per chi non riesce a vivere). I Pere Ubu vengono così riproposti nella sezione ritmica e nei cambi di tempo, mentre il leit-motiv stavolta è produci-consuma-crepa, inno degli anni ottanta altri.


Io Sto Bene è un synth-pop raggelante, una sorta di rilettura dei Joy Division riletti non alla luce esistenzialista, ma semi-politica come sopra (non studio/non lavoro/non guardo la TV/non vado la cinema/non faccio sport). Il finale è un coro ipnotico alla Feelies, ma con strumenti sintetici.


Allarme indugia finanche in un tango, prima di tramutarsi in un synth robotico, epitome dell’era della macchine – più da supermarket che da industria.


DISCOGRAFIA


Affinità/Divergenze (1985) ****