LOU REED
recensioni


LOU REED


Lou Reed è stato ed è tuttora uno dei personaggi chiave della storia del rock.


I suoi dischi sono stati presenti in tutta la storia del rock. Non c’è stato un decennio in cui la sua presenza non si sia fatta sentire con dischi importanti. Negli anni ’60 fonda i Velvet Underground e realizza due dei massimi capolavori del rock: Velvet Underground & Nico e White Light White Heat. Coi Velvet Underground giunge ad una svolta commerciale e, nel finire degli anni ’60 allo scioglimento della band, dopo mille defezioni.


Ma gli anni ’70 lo vedranno ancora protagonista. Traviato da David Bowie si converte al glam e realizza Transformer (1972), il suo primo successo commerciale. A brani melodici alla David Bowie (Satellite Of Love, Perfect Day) si affiancano brani rockeggianti (Vicious). Nonostante il successo commerciale si tratta di un pessimo album, uno dei più sopravvalutati di sempre.


Un cupo senso di morte aleggia in Berlin, del 1973, album più vicino alle atmosfere dei Velvet Underground. Fra i brani spicca la title-track.


Nel 1975, dopo una serie di album interlocutori, realizza Metal Music Machine. Un album difficilissimo, recentemente riproposto. I frammenti di musica si muovono senza soluzione di continuità e non hanno alcun andamento logico. La critica di allora lo irrise, oggi lo rivaluta.


Le ulteriori prove di fine anni ’70 sono di una mediocrità disarmante.


Negli anni ’80 inizia il nuovo corso. Ormai la melodia la fa da padrona, nonostante i punk e gli esponenti della new wave lo abbiano assurto a semi-dio. In realtà si tratta di alcuni buoni album e buoni brani (Think It Over, The Blue Mask, Legendary Hearts). Niente di più.


La vera rinascita coincide con il 1989, con l’uscita di New York, in cui spiccano brani emozionanti come Romeo Had Juliette e Dirty Boulevard. Il disco seguente – Songs For Drella – è un elegia per Andy Warhol. In questo lavoro spiccano diversi brani melodici che sono forse i migliori della sua carriera solista (Slip Away, Open House, Hello It’s Me).


Gli ultimi lavori, nonostante l’indubbia qualità e professionalità, non sembrano aggiungere nulla alla sua icona immaginifica.


DISCOGRAFIA CONSIGLIATA


· Transformer (1972) **


· Metal Music Machine (1975) ** ½


· Bells (1979) *


· Growing Up In Public (1980) ***


· The Blue Mask (1982) ***


· Legendary Hearts (1983) ***


· New York (1989) ***


· Songs For Drella (1990) *** 1/2


· Ecstasy (2000) ***



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