SOFT MACHINE
recensioni


SOFT MACHINE


Combattuti fra il beat- pop da classifica e spinte dadaiste caratterizzate da un più sotteso afflato jazzistico, i Soft Machine sono stati uno dei gruppi più rappresentativi degli anni ’60.


La loro discografia, quantunque non presenti particolari picchi di creatività, appare essere una delle poche coerenti rappresentazioni di un’arte fatta per l’arte. Nello stesso tempo, in special modo nei primi lavori, i brani sono spiccatamente beat, e non sembrano aggiungere molto a quanto fatto dai Beatles .


Così, nel primo disco, datato 1968, il brano Why Are We Sleeping, appare essere il più interessante del lotto. Dello stesso impatto sonoro, flebile e melodico, appaiono brano come Memories, A Certain Kind . Quest’ultima dimostra la perizia batteristica di Wyatt .


Il disco successivo vede Wyatt primattore, con citazioni patafisiche e dadaiste ed un più profondo linguaggio jazzistico. Fra i brani spicca Pataphisical Intoduction, con fuga finale di fiati e pianoforte. E’ uno dei migliori brani della psichedelica inglese anni sessanta. Di non minore impatto la romantica How Too Much I Need You. As Long As He Lies Perfetcly Stll contine in nuce i temi che verranno approfonditi nell’opera successiva.


Il capolavoro arriva appunto nel 1970, con Third, che rappresenta anche il canto del cigno di questa formazione. La lunga, lancinante Moon In June è il pezzo forte dell’album, un brano melodico e sofferto, realizzato con lucida genialità da Wyatt, che lascerà il gruppo per realizzare, da solista, alcuni capolavori degli anni ’70. Introdotta da una sfrenata fantasia armonica di Wyatt, impareggiabile vocalista indugia nei dieci minuti conclusivi in un jazz-rock cameristico di grande impatto per concludersi in una digressione tastieristica forsennata.


Slightly All The Time, ha un impatto fortemente jazzistico, dominata come è dai sassofoni, mentre il basso segue una linea ben precisa, per poi esplodere in un tripudio di fiati, con le consuete frasi centrali a rincorrersi. Il brano cambia struttura in maniera continua, con un assolo di piano di assoluto valore, affiancato da un nuovo tema di sax, prima del delirante intervento delle chitarre psichedeliche, e un nuovo tema di sax, accompagnate da maestosi droni d’organo di stampo religioso. Ancora un nuovo tema di sax si affaccia stavolta quieto, e fa scaturire una pausa di stagnante riflessione, prima nuovo assolo che si riallaccia all’iniziale riff, anticipato soltanto da un ultima escursione in stile free-jazz, imparentata coi King Crimson di 21th Century Schizoid Man. Facelift è un sincopato fortemente jazzato che si dipana per lunghi minuti di tance psichdelica


La tecnica compositiva è mutuata chiaramente dalla musica jazz e non è certo per il grande pubblico. Aldilà della strumentazione la struttura può non essere troppo distante da quella dei Grateful Dead, ma ha significati completamente diversi, perché più celebrale e meno sanguigna ed epidermica. In tal senso, i Soft Machine sono stati l’anello di congiunzione fra i Grateful Dead e i Genesis.


DISCOGRAFIA CONSIGLIATA


1 (1968) ** ½


2 (1969) *** ½


3 (1970) *** ½



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