SELLING ENGLAND BY THE POUND
recensioni


GENESIS Selling England By The Pound


Selling England By The Pound è l’indiscusso e indiscutibile capolavoro dei Genesis . Pubblicato nel 1973 ne rappresenta, peraltro, uno dei massimi successi commerciali, oltre che l’album della maturità.


In un crescendo di emozioni prendono corpo e forma oniriche e struggenti suite, epitome assoluta dell’erudizione musicale della band. Dancing With The Moonlight Knight si apre con il canto di Gabriel , per poi dare voce agli strumenti che colloquiano meravigliosamente in un turbinìo interminabile di soliloqui e dialoghi, nei quali ogni strumento annunzia quello successivo, sino alla romantica conclusione.


Il brano seguente, I Know What I Like, è più spiccatamente pop. Doveva essere il brano-traino dell’album, ma non ebbe poi tanto successo. Annunciato da un’ ouverture futurista alla Roxy Music , accenna ad un chitarrismo vagamente etnico, prima del ritornello liberatorio.


Il capolavoro nel capolavoro è First Of Fifth, uno dei massimi brani di sempre. Il brano fu scartato da Foxtrot per decisione di Collins e fu rielaborato affinché questi potesse avere maggiore rilevanza. L’inizio è una magistrale serie di accordi pianistici, sognanti, ai quali segue l’attacco del canto struggente di Gabriel. Gli strumenti. Al contrario di Dancing With The Moonlight Knight, seguono la dinamica interiore e non si accavallano in combinazioni geniali, ma la dinamica interiore è fra le più profonde mai sentite e si compendia nel fraseggio centrale di fiati. Mai come adesso la musica è immagine. Mai come adesso l’immagine è al potere, in quella ripresa di piano, vagamente jazzistica, nella partitura successiva, nella quale gli strumenti si accavallano, con il contrappunto della batteria, sino alla ripresa di accenni ancora vagamente etnici, dominata dalla chitarra, che si contorce, sempre seguendo quella dinamica, in una sofferente jam di rara bellezza e intensità.


More Fool Me, composta da Collins, è ben più quieta e raccolta, con le chitarre quasi hawaiane e il canto sussurrato.


The Battle Of Epping Forest, è una lunga suite che alterna attimi d’avanguardia con altri di musica pop. All’inizio è una marcia militare in clima goliardico, con Collins protagonista, in seguito è il canto pop e il contrappunto chitarristico per riempire i minuti prima del ritornello liberatorio ad essere protagonista. Un canto leggermente fuori dagli schemi e una parentesi di tastiere completano il brano, che resta in attesa, intermittente, fra momenti elettrici e affreschi corali.


After The Ordeal è un brano strumentale dal sapore vagamente medioevale. Dominato dal contrappunto di chitarre classiche, annunzia frasi musicali che si ripetono e susseguono seguendo una dinamica ben definita, prima di interrompersi in un unici rullare di batteria che anticipa un immaginifico assolo elettrico, dal quale si riconnette, la medesima dinamica, che assume forme mutevoli.


The Cinema Show viene introdotta da un ouverture classicheggiante che anticipa il canto prima depresso, poi trionfante di Gabriel. Il rock sinfonico dei componenti della band fa il resto, assecondando dapprima l’afflato classicheggiante, in seguito mutandolo in un trionfo di fiati, non troppo dissimile da certe divagazioni dei Traffic . In seguito il predominio spetta al sound della chitarra, energico e vitale, che duetta con la tastiera , in un fraseggio da antologia, con il sottofondo del tamburo militare di Collins. In questa strumentazione si compendia l’abilità strumentale dei Genesis. Da ogni strumento si irradia un altro in un processo interminabile, ogni strumento da il la a quello successivo, con minime variazioni di tema e di sound, ma con l’accompagnamento sempre dominante della batteria, ogni singolo musicista può dare il meglio di se, combinando la propria abilità individuale con quella collettiva. Nessun altro complesso rock (a parte, forse i Grateful Dead ) era riuscito a realizzare una così composita e coerente costruzione strumentale.


La breve e conclusiva Aisle Of Plenty è un’altra parla dell’album. Riprende le noe e la strumentazione del brano di apertura, ma vi aggiunge un patos tutto suo, conseguente ai cori raggelanti e al sinfonismo sempre più evidente, meravigliosamente contrappuntato dalla batteria di Collins, che da il via alla sempre più affettata dinamica interiore.