I Pop Group furono il più sperimentale ed alternativo complesso della new wave inglese. Formatosi a Bristol verso la fine degli anni 70, realizzarono solo due album.
Y, del 1979, è una miscela esplosiva di folk, avanguardie free-form, punk e jazz. Contrariamente a quanto stessero facendo, più o meno in quegli anni, i
Talking Heads , i Pop Group sceglievano un sound grezzo e violento, che precede a scossoni e valorizza la dissonanza. Il brano migliore è forse
We Are Time, che segue, nella frase musicale centrale, gli stilemi del jazz, ma esplode sovente in violente aperture e dissonanze. La voce di Stewart, da par suo, cambia mille registri e risulta non poco imparentata con quella di
Captain Beefheart .
Words Disobey Me è una fantasia ora lisergica, ora iper-ritmata, quando non ricade in un trionfo di scordature. Altri funk selvaggi sono
Thief Of Fire, veemente e urlata, con partiture che riprendono i Can di
Halleluwa, con la sezione ritmica che gareggia con quelle degli anni 60 in bravura. Il tessuto sonoro è pareltro di rara complessità, laddove è un sax che barrisce, fra suoni trovati e rimtmi marziali. Altro capolavoro è
Snowgirl, fatta di dissonanze pianistiche, stecche geniali, numeri da cabaret bretchiano, andamento ubriaco.
Ma i veri capolavori sono i brani free-form, imparentati con il free-jazz più dissonante, come
Blood Money e
Savage Sea, che ritrovano ancora nei Can (
Peking O) i loro numi tutelari. Il brano ha inizio peraltro con un panismo quasi etereo, che si trasforma man mano in una specie di stasi e poi in un raggelante stato di tensione, che anticipa la netta citazione della band di
Aumgn.
Blood Money accenna persino ad una sorta di rock and roll, poi indugia in suoni trovati, mentre i fiati barriscono in sottofondo. E una sarabanda inusitata che trova come unico referente un tribalismo che svela ogni istinto selvaggio.
La sintesi di queste istanze è forse
The Boys From Brazil, fra suoni causali e colpi di piano nel vuoto, parente prossima dei
Pere Ubu. E un brano onomatopeico, nel quale il funk si sposa con un recitato sofferente. I suoni si allungano in unagonia strumentale che non ha precedenti nella storia del rock.
Dont Call Ne Pain è così un barrito interminabile, fra riff monolitici, mentre la conclusiva
Don't Sell Your Dreams è una interessante destrutturazione del funk, fra suoni causali e collage alla
Starsailor, in piena clima onirico.
Il successivo
For How Much Longer Do We Tolerate Mass Murder, del 1980, se è possibile, accentua la carica del primo capolavoro, ma perde, in un certo senso, smalto: le frasi musicali si fanno sempre più sconnesse, ma fra i mille solchi si può indovinare una qualche melodia (
Feed The Hungry).
Quella dei Pop Group è stata unavventura di suoni breve ma coerente. Il loro free-jazz-funk-punk, con mille contorsioni vocali e strumentali è stato uno dei testamenti più nobili dellondata musicale di fine anni 70. Un esperimento suggestivo, forse incompreso, ma, anche per questo, inimitabile.
Mark Stewart, dopo lo scioglimento dei Pop Group, inizierà una proficua e non meno allineata carriera solista al fianco dei Tackhead. Il primo lavoro, linterlocutorio
Jerusalem, presenta i lancinanti funk di
Liberty City, tutto sommato non ispiratissimi e di
High Ideals And Crazy Dreams, sulla falsariga della produzione dei Pop Group. Di pochi mesi dopo è
Learning To Cope With Cowardice, con la
title-track brano agit-prop con Steward che comizia fra dissonanze varie, e
The Wrong Name The Wrong Number, autentico collage che anticipa di dieci anni il trip-hop, la jungle e tritura mille linguaggi musicali in un calderone terribile.
Il salto di qualità arriva verso la metà degli anni 80 con
As The Veneer Of Democracy Starts To Fade, pietra miliare del rock militante. Se la
title-track è un tripudio di contorsioni vocali e di campionamenti,
Resistence Cell si configura come uno sdoppiamento dellafflato vocali con le più evidenti velleità della big-band. Convivono così nellopera lanima agit-prop del leader con il gusto armonico della band, che si rendono evidente nei circa dieci minuti in media nei quali si dipanano i brani maggiori, sempre in bilico fra il collage e il funk più sfrenato.
DISCOGRAFIA
Y (1979) ****
For How Much Longer Do We Tolerate Mass Murder (1980) ***
MARK STEWART
Jerusalem (1983) ***
Learning To Cope With Cowardice (1983) *** ½
As The Veneer Of Democracy Starts To Fade (1985) *** ½