PHISH
recensioni


PHISH


La dilatazione dei suoni tipica della band acide degli anni ’60 sembra essere la costante della musica dei Phish, band che, peraltro, ha fatto dell’autoproduzione la propria bandiera.


In un coacervo di suoni che dimostra la perizia strumentale della band, l’album A Picture Of Nectar crea commistioni fra il romanticismo corale delle strumentazioni di Eliza, fortemente jazzata, le dilatazioni di suoni più estreme di Llama, con forte sezione ritmica e andamento fluente e i ritmi sincopati di Cavern, uno dei loro brani più orecchiabili, suonata alla maniera dei Genesis traviati da Zappa e con la migliore melodia immaginabile.


Guelah Papyrus è un blues, a tratti elucubrato, a tratti fortemente melodico, quasi alla maniera dei jingle, con andamento compiaciuto. Magilla alterna poi numeri da cabaret con un andamento swing (unitamente al pianismo eretico di Monk), ma tradisce l’influenza del Coltrane trascendente di A Love Supreme. La babele di suoni e ritmi non si interrompe con The Landlady che crea connubi con fusion e mambo, quando non indugia in lunghi e autocompiacenti assoli alla Jerry Garcia.


DISCOGRAFIA


· A PICTURE OF NECTAR (1992) *** ½