sono i Low. La band di Minneapolis realizza brani strumentali (in prevalenza) minimali, con arrangiamenti tanto flebili da far richiamare alla mente
.
Lesordio è folgorante.
I Could Live In Hope (1994), dal vocabolario assai povero, conia tuttavia una forma di linguaggio quasi semiotico, di fronte al quale molte band del futuro dovranno confrontarsi.
Words, coi suoi accordi sofferti, rappresenta il marchio di fabbrica della band,
Fear, ancor prima che brano slo-core è auto-analisi, e il canto è quello dei
Galaxie 500.
Cut è invece imparentata con i Codeine. Accordi narcotici e ciclici si inseguono senza fretta nellintroduzione, non dissimile è
Lullaby che ha tutto laspetto di un martirio, solo parzialmente redenta in
Down. Assai interessante è poi
Drag, con esordio che potrebbe finanche ricordare i
Joy Division acustici. Come in ogni disco di slo-core lintro è il brano. Si aspetta con fatica che il brano inizi, ma ci si accorge che il brano è lintro.
Secret Name è del 1999.
I Remember è un brano
monstre di note affilate, con arrangiamento marziale ed ascetico ad un tempo. Assai più vivace e accattivante è laccompagnamento pianistico di
Lion.
Weight Of Water, cullato dalle voci femminili, è una litania di spiriti che rinasce da dove si interrompe. I brani sono piccoli gioielli acustici, ma non propongono novità di rilievo per ciò che riguarda laspetto musicale.
Things We Lost In The Fire inaugura il nuovo millennio dei Low, e lo fa a suo modo, ma in maniera assai meno trascendentale.
Dinosaur Act,
e Like a Forest strizzano locchio al pop. Talvolta si ode picchiare disordinatamente la batteria, talvolta si odono archi che si sprecano, ma il gioco non riesce sempre. Alle già lamentate carenze a livello di sperimentazione, i Low sembrano aggiungere una malcelata mancanza di ispirazione.
Le cose cambiano con
Trust, dellanno dopo.
Diamond è forse il capolavoro definitivo dei Low. Un brano raggelante nella sua semplicità, diretto discendente della tradizione di songwiter come Neil Young.
La La La Song è una brillante citazione di grandi del pop, ma non va certamente intesa in senso deteriore;
Point Of Disgust, con le sue partiture eteree, recupera un pianismo elegante ed adeguato;
Tonight riprende la psichedelia dilatata anni 60, contestualizzandola a dovere.
DISCOGRAFIA
-
I Could Live In Hope (1994) ****
Long Division (1995) ***
Secret Name (1999) *** ½
Things We Lost In The Fire (2001) ***