FRANCESCO GUCCINI
recensioni


FRANCESCO GUCCINI


Pur non supportato da grosse qualità canore e musicali, Francesco Guccini, in virtù di una straordinaria e prolifica creatività come autore di testi, può essere considerato uno dei più grandi cantautori italiani.


In “Folkbeat N° 1”, i testi ancora acerbi e le musiche troppo legate ai gusti del periodo, ne fanno un disco interlocutorio, al pari del successivo “Due Anni Dopo”, mentre “L’isola non trovata” (1970) si segnala subito per la malinconia dei testi e per il valore assoluto di queste liriche. Il brano più interessante, oltre alla title-track, è “Un Altro Giorno è Andato”.


Nel 1972 esce “Radici”, uno degli album più belli che la musica italiana ricordi. La title-track è una lunga riflessione sul passato e sul portato della storia individuale sul presente dell’individuo, “La Locomotiva” una struggente poetica contemplazione di eroica gesta proletarie, mentre in “Piccola Città” il filo dei ricordi – particolareggiato sino al delirio febbrile – si scaglia finanche in un’invettiva, contesa fra l’autocommiserazione e il porsi dell’esperienza infantile ed adolescenziale sul formarsi del carattere dell’individuo. “Incontro” –forse la migliore canzone italiana di sempre – gioca egualemte sul filo dei ricordi, ma rinunzia all’invettiva, per cadere nella più nera autocommiserazione, con una conclusione filosofica (“il tempo prende, il tempo da/noi corriamo in una sola direzione/ma quale sia e che senso abbia chi lo sa”; “siamo qualcosa che non resta/frasi vuote per la testa/e un cuore di simboli pieno”). “La Canzone della Bambina Portoghese”, con la sua figura ritmica mutuata da certo progressive-rock inglese, dimostra anche una certa perizia musicale del cantautore modenese, oltre che stralci di grande poesia (“sentì che era un punto al limite di un continente/sentì che era un niente l’Atlantico immenso di fronte”). “La Canzone dei Dodici Mesi” è un autentico poema in musica, che compendia le immense doti stilistiche di Guccini. I mesi e le stagioni prendono forma e personalità, il livello poetico raggiunge livelli assoluti (“Cala Novembre e le inquietanti nebbie, gravi coprono gli occhi/lungo i giardini consacrati al pianto/si festeggiano i morti/cala novembre ed il tuo viso bagna di goccie di rugiada”; “E mi addormento come in un letargo/dicembre è alle tue porte/lungo i tuoi giorni con la mente spargo/tristi semi di morte”). La conclusiva “Il Vecchio e Il Bambino”, in verità, confrontata a tali capolavori sembra veramente poca cosa.


“Stanze di Vita Quotidiana” comprende “Canzone delle osterie di fuori porta”.


“Via Paolo Fabbri 43”, del 1976, è un altro ottimo album in cui Guccini affronta problemi sociali (“Piccola storia ignobile”), e individuali (“L’Avvelenata”), con spirito polemico e poetico.


“Amerigo”, del 1978, contiene l’inno generazionale “Eskimo”. Certo, paragonata a “Radici” è ben poca cosa.


Seguono lavori interlocutori, sino a “Guccini”, del 1983, nel quale spicca “Autogrill” (uno dei brani più tristi di sempre). Purtroppo la carriera del cantautore sarà tutta in discesa, ma, ad ogni modo, in ogni disco sarà capace di scrivere buone canzoni, specialmente senza mai travisare i fatti e scadere nell’ipocrisia.


DISCOGRAFIA


Folk Beat N.1 (1967) **


Due anni dopo (1970) * ½


L’isola non trovata (1970) *** ½


Radici (1972) *****


Stanze di vita quotidiana (1974) ** ½


Via Paolo Fabbri 43 (1976) *** ½


Amerigo (1978) *** ½


Guccini (1983) ****


Signora Bovary (1987) ***


Quello che non ... (1990) * ½


D’amore di morte e di altre sciocchezze (1996) ***


Stagioni (2000) *



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