recensioni


DAZZLING KILLMEN


I Dazzling Killmen sono stati fra i massimi esponenti del math-core e dell’hardcore. Parimenti influenzati da Blind Idiot God e Jesus Lizard, in Dig Out The Switch (1992) hanno proposto un catalogo di efferate sevizie chitarristiche conteso con le elucubrazioni di un’impareggiabile sezione ritmica. Serpentarium richiama alla mente il maath-rock della band di Hawkins, Dig The Hole è più hardcore ma non rinuncia a tempi dispari e richiami jazz risultando non poco avvicinabile alle tentazioni prog dei Don Caballero. Il sound corposo di Captain Is Dead e di Spiral Mirror getta un ponte con la tragica veemenza degli Squirrel Bait fusa con le scosse telluriche dei Bitch Magnet.


La varietà compositiva e la creatività delle armonie sono però di genere persino superiore. Basti pensare alla carica quasi dub della sezione ritmica di Bottom Feeder in un tripudio di distorsioni e di Here Comes Mr. Bigface che sarebbe davvero un brano prog alla Don Caballero senza le asperità della band di Pittsbrough (ma con la corsa verso l’infinito della coda finale). Le camaleontiche elucubrazioni della band si rendono vieppiù evidenti in Premonition con strali degli Slint nell’introduzione, andamento veloce-lento e svolgimento assordante e in Torture con fantasie dub e trovate jazz-core che convivono in un moto convulso. Il tutto unito con le pause, la suspence e la recitazione thriller che potrebbe essere quella di Spiderland degli Slint.


Il catalogo delle trovate è pressoché smisurato. In Ghost Limb rileggono ancora gli Slint di For Dinner… aggiornando il lezioso andamento con aperture pseudo-sinfoniche che sembrano aniticipare i Rodan, mentre Numb e Code On, con strali del rock più classico costituiscono l’apice drammatico dell’opera.


Completano l’album i concisi grind-core di Reactor e di No con clima da tregenda avvicinabile agli Angkor Wat


Face Of Collapse (1994), se è possibile, è ancor più compesso e irruente, anche se perde molto dell’eclettismo di prima. Ne è un esempio Staring Contest che conserva la scorza del math-rock ma la cela all’interno di pulsioni omicide sempre più evidenti. Brani come Blown (Face Down) rallentano inaspettatamente la trama e meccanicizzano il sound al punto da far sembrare la musica dei Dazzling Killmen più vicina a quella dei Big Black con un andamento sgraziatamente dub e una tendenza chitarristica associabile, anche nelle trame, ai Jesus Lizard di Goat dediti al grind-core. Il brano tradisce tuttavia le altre tendenze della band, che vanno dalle sincopi di Breadcrumb Trail degli Slint (il lascito del progressive?), ai colpi a vuoto dei Black Sabbath.


In Windshear il sound si mostra ancor più appesantito, al punto da non poter più definire hardcore questa musica, tesa ormai solo alla dissonanza e al feedback (gli esperimenti degli Azonic sembrerebbero similari) col solo accompagnamento di sincopi di basso. Il battito marziale di Painless One fa gravitare questa musica verso il noise più puro, con la sola girandola di tempi in stile Rodan o Don Caballero a infittire queste trame musicali pesantissime.


The Face Of Collapse, che vorrebbe essere il loro capolavoro, pecca invece di autoindulgenza, ripiegando sin troppo nei barocchismi in stile progressive e nei cupi presagi sabbathiani.


DISCOGRAFIA


- Dig Out The Switch (1992) ****


- Face Of Collapse (1994) *** ½



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