Face Of Collapse (1994), se è possibile, è ancor più compesso e irruente, anche se perde molto dell’eclettismo di prima. Ne è un esempio
Staring Contest che conserva la scorza del math-rock ma la cela all’interno di pulsioni omicide sempre più evidenti. Brani come
Blown (Face Down) rallentano inaspettatamente la trama e meccanicizzano il sound al punto da far sembrare la musica dei Dazzling Killmen più vicina a quella dei
Big Black con un andamento sgraziatamente dub e una tendenza chitarristica associabile, anche nelle trame, ai Jesus Lizard di
Goat dediti al grind-core. Il brano tradisce tuttavia le altre tendenze della band, che vanno dalle sincopi di
Breadcrumb Trail degli Slint (il lascito del progressive?), ai colpi a vuoto dei Black Sabbath.
In
Windshear il sound si mostra ancor più appesantito, al punto da non poter più definire hardcore questa musica, tesa ormai solo alla dissonanza e al feedback (gli esperimenti degli Azonic sembrerebbero similari) col solo accompagnamento di sincopi di basso. Il battito marziale di
Painless One fa gravitare questa musica verso il noise più puro, con la sola girandola di tempi in stile Rodan o Don Caballero a infittire queste trame musicali pesantissime.
The Face Of Collapse, che vorrebbe essere il loro capolavoro, pecca invece di autoindulgenza, ripiegando sin troppo nei barocchismi in stile progressive e nei cupi presagi sabbathiani.
DISCOGRAFIA
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Dig Out The Switch (1992) ****
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Face Of Collapse (1994) *** ½